Rap sul ring. Le battle di freestyle in Italia: da “2theBeat” a “Mtv Spit”

di Francesco Spè


«in frista mo’ si reppa, dammi retta»

Dj Gruff, “Senti come suona”

Funzionava così: sequestravo un amico che del rap non gliene fregava nulla e lo portavo con me a prendere il treno per Bologna per andare a sentire il rap. Una volta scelsi Fabio, che all’epoca,  nel bel (?) mezzo dei gloriosi (?) anni zero, era noto come Febbio punk (no, il rap non è il suo genere). Un’altra volta toccò a Paoletto, bassista strambo dai gusti eterogenei che più del rap schifa solo il reggae. Fu poi il turno di Elena, a cui facevo le compile rap ad hoc per convertirla e un poco ha funzionato ma manco troppo. Il rap che andavamo a sentire  – alla fine si divertivano stupiti pure i miei amici costretti ad accompagnarmi – era improvvisato e “da battaglia”: sfide tra mc’s al Livello 57, centro sociale che stuzzicava il mio immaginario perché nei gloriosi (!) anni 90′ aveva molto a che fare coi Sangue Misto, ovvero gli autori di quel SXM che secondo quelli che ci capiscono è il più bel disco rap italiano di ogni era (e quelli che ci capiscono ci hanno ragione), Sangue Misto che fra l’altro col freestyle se la cavavano un bel po’, anzi un “tot” (Nb: sull’utilizzo della parola “tot” nelle liriche dei Sangue Misto ci si potrebbe fare una tesina di laurea di una facoltà amena).

Le sfide di freestyle che venivamo a sentire facevano parte del 2theBeat, “competizione nazionale di improvvisazione in rima” durata tre edizioni per poi estinguersi tra le polemiche con mio sommo dispiacere. La prima edizione, che ebbi modo di ascoltare solo su You Tube, si tenne al Link. La finale vide di fronte il romano Danno, ovvero il più bravo di tutti, e un altro solito spaccare i culi, in quell’occasione compreso quello di Danno (forse), ovvero Moddi da Taranto. Scontro tra due mostri del rap, risuona freschissimo otto anni dopo e segna una dei punti più alti delle battle di freestyle in Italia.

Due approcci diversi al rap, quelli di Danno e Moddi. Il primo,  oltre che a divertirsi come un matto nell’improvvisazione (da pischello come oggi), ha realizzato e continua a realizzare col Colle der Fomento dischi bomba (il prossimo pare finalmente in arrivo … pare) curando moltissimo la struttura canzone e la struttura disco; il secondo, dotato di un vocione dal timbro inconfondibile e di un flow travolgente, sopratutto quando disteso in dialetto, trova invece proprio nel freestyle la modalità preferita di composizione, come spiega in questa intervista tratta da “Gli Originali”, interessantissimo progetto curato da Deda (uno dei Sangue Misto!) e Deemo (tra l’altro curatore delle grafiche del 2thebeat), dove vari mc’s italiani hanno rappato sopra le musiche del compositore Franco Micalizzi.

Dalla seconda edizione il 2thebeat si sposta al Livello, ma fa tappa anche a Rimini, Roma e Milano scegliendo poi la provincia di Lecce come teatro delle due finalissime: nel 2005 a Cava dei Cursi, nel 2006 a Fossato del Castello di Otranto. In entrambe le occasioni a sfidarsi sono Ensi da Torino e Clementino da Napoli. Estremamente creativi, Ensi risulta però più “pulito” e potente, mentre Clementino, oltre che su una buonissima tecnica, fa leva su una teatralità esasperata e sulle sue innate doti di intrattenitore. La prima volta è il torinese a trionfare, mentre l’anno seguente il napoletano si prende la rinvincita.

Ensi e Clementino sono anche tra i protagonisti  di “Mtv Spit”, programma che ha portato le battle di freestyle dai centri sociali alla prima serata tv, giunto alla nona e ultima puntata. Nelle corso delle precedenti otto, precedute da un galà e presentate dal rapper Marracash, si sono sfidati 12 concorrenti, mediamente di ottimo livello nonostante non tutte le battle siano state esaltanti. Clementino è stato sorprendentemente eliminato mentre Ensi, il favoritissimo (eccolo che si allena con la sua cliccatissima freestyle roulette) è arrivato in scioltezza alla finalissima insieme a Kiave, altro protagonista del 2thebeat, il soprendente Nitro, raffinato sia nella metriche che nei contenuti, e il disinvolto Fred de Palma.

“Spit” sta ottenendo un grande successo in rete: l’hashtag #mtvspit finisce spesso nei TT di Twitter durante lo svolgimento delle puntate (venerdi, dalle ore 21.10) che sono scaricatissime su Mtv On demand. Il programma ha ricevuto inoltre attenzione dai più importanti quotidiani italiani. In un articoletto sulle pagine del Corriere della Sera, a dire il vero piuttosto approssimativo e confuso , Aldo Grasso spende parole elogiative:

«Spit» è un esperimento interessante sotto diversi punti di vista: in primo luogo perché cerca di mescolare i linguaggi di un genere musicale indipendente, di nicchia e da sempre ai margini della scena mainstream come il rap, con quelli del talent show alla «Amici», un genere a forte vocazione generalista. Per fortuna a ispirare la trasmissione è stato più il modello performativo delle rap battles americane, tipo quelle viste nel film di Eminem Eight Mile, che l’accademia della De Filippi: tutto è molto «tamarro », ma i partecipanti dimostrano un vero talento creativo nell’uso della lingua italiana in tutte le sue forme (anche quelle più eccessive), che li rende spesso più originali delle parole scontate del pop.

Sulle pagine di Repubblica, è Antonio DiPollina a parlare di “Spit”:

Chi lo immaginava un talentshow rappato, tutti nella gabbia e rime a perdifiato… Meglio fermarsi qui. E in fondo perché no, visto che Spit è mediamente più divertente dei talent normali, nell’ identica proporzione con cui un qualunque brano rap consapevole è più divertente dell’ intera produzione sanremese degli ultimi dieci anni. L’ ambientazione è in una vera gabbia, con pubblico urlante dietro alle reti metalliche. In conduzione c’ è Marracash, rapper di primo piano che come tutti ha anche un nome normale ma non conta.  E quanto al talento dei giovani che scendono nell’ arena e si dimenano nei “Contest” o “Freestyle” o quello che è, vale la regola solita, ci sono quelli bravi, i volenterosi e gli impresentabili. Il rap consapevole è fatto dai più svegli e informati, bravi a leggere anche i contenuti del web e non solo a trastullarsi coi socialcosi e compagnia.

Ma in cosa differiscono le battle di “Spit” da quelle del “2 the beat”, al di là del diverso contesto e del diverso luogo in cui si svolgono, comunque accomunato dalla presenza di un ring a richiamare dinamiche e retoriche di battaglia? Due le macrodifferenze. Al “2thebeat” il freestyle era completamente svincolato da argomenti prestabiliti e i rapper potevano rimare di qualsiasi cosa passasse loro per la testa; a “Spit” invece le prime due sfide di ogni puntata sono  a tema e i contendenti sono tenuti a rappare a riguardo. Il lodevole intento di andare oltre la semplice battle fatta di prese per il culo dell’avversario e autocelebrazioni tipica della modalità “libera” – comunque spesso foriera di sbocchi creativi e ironici –  è però mortificata dalla scelta dei temi o meglio dal modo in cui sono presentati. Le clip video che introducono le tematiche di “perenne attualità” – razzismo, pornografia, omofobia, misoginia, stragi del sabato sera, rischi del gioco d’azzardo, precariato … – sono infatti spesso intrise di buonismo e banalizzazioni. Alcuni singoli freestyle hanno seguito in maniera tristemente pedissequa l’indirizzo dato dalle clip, altri hanno invece affrontato il tema in modo più “scorretto” e obliquo, forzando con creatività alcuni limiti del programma.

L’altra grande macro differenza risiede nel fatto che al “2the beat” a giudicare era il pubblico: chi riceveva battiti di mani più scroscianti passava il turno; a “Spit” invece il pubblico è chiamato in causa solo quando i 4 giudici si dividono equamente nella scelta. Chi sono i 4 giudici? Uno è mobile (il primo fu Morgan, capace di qualche riflessione interessante, l’ultimo sarà l’attore Filippo Timi, nel mezzo è toccato a personaggi imbarazzanti come Materazzi e Clemente Russo, che con una frase uscita dalla sua bocca ha fatto toccare al programma il suo punto più basso: «abbracciate vostra mamma, non una bottiglia di whisky»), gli altri 3 sono fissi: Niccolò Agliardi, cantautore chiamato a considerare l’aderenza al tema,  J-ax (dai, vi linko ‘sto freestyle chicca insieme a un ispirato Neffa), che si appunta nel suo i-pad le rime più creative e giudica quindi la qualità e l’originalità dei contenuti, e, a valutare la tecnica e la metrica, MastaFive, ideatore del Tecniche Perfette insieme a Dj DoubleS (che si è alternato ai piatti di “Spit” con Dj TayOne, per la finale ci saranno entrambi) altro articolato e longevo campionato di freestyle che meriterebbe un post a parte.

Alla fin fine il risultato complessivo del progetto “Spit” risulta apprezzabile. Sicuramente non è riuscito a infottare i b-boy come faceva il 2thebeat (pur anch’esso non certo privo di storture e disapprovazioni) ma ha il merito di aver fatto conoscere le dinamiche del freestyle a molti, dando spazio a rapper talentuosi. Centro sociale o tv, basta che spacchi.

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4 risposte a Rap sul ring. Le battle di freestyle in Italia: da “2theBeat” a “Mtv Spit”

  1. Federico ha detto:

    Comunque segnalo un altro tentativo di portare le freestyle battles a All Music, non so in quale anno né se fosse la prima volta: http://www.youtube.com/watch?v=SYsvsATsjjA
    C’era anche Jack the Smoker contro un bimbominkia (Scarto 23, un vero e proprio scarto umano), ma ora non trovo il video, forse l’hanno rimosso.
    In ogni caso è interessante vedere come i tempi televisivi (compresa una sorta di autocensura, la scelta dei temi e la giuria a Spit) ledano incredibilmente all’atmosfera e all’affezione verso i personaggi (che dovrebbe invece essere la componente principale dei talent shows); insomma: tutto l’opposto del keep it real!

  2. Federico ha detto:

    P.S. (Ultimo): Ad ogni modo spero concorderai con me che il vincitore morale delle ultime due edizioni del 2thebeat è decisamente Mistaman!

  3. Dunque Federico, una delle tappe del 2thebeat che vidi live ebbe proprio come protagonista MistaMan che perse contro Mastino in finale.

    Io votai per Mista anche se non era stato brillantissimo. Di sicuro mi sarebbe piacuto vederlo a Spit. Un esempio virtuoso di sfide di freestyle in tv che ricordo è quello tra Danno e Paura (bravissimo anche lui) a Hip Hop Generation, condotto dallo stesso INoki, che andava in onda su Rai 3.

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