SVENTURATA LA TERRA CHE HA BISOGNO DI EROI: Un ritratto di GG Allin: “Live fast. Die.”

di Federico Pozzoni

Da sempre interessato alla musica alternativa e ai suoi circuiti, non posso che reputarmi colpevole riguardo all’ignoranza di GG Allin, figura in cui mi sono imbattuto per caso nel giorno stesso in cui scrivo queste righe. Inutile dire che l’impatto è stato tanto sorprendente quanto inaspettato.

La mia ricostruzione biografica non segue una temporalità lineare, è piuttosto confusa e caotica come le vicende stesse del soggetto narrato, allo scopo di inseguire e cercare di comprenderne la poetica incisa nel motto sul suo petto: “Live fast. Die”.

Kevin Michael Allin (1956 – 1993) è stato un cantante punk-hardcore statunitense, simbolo estremo di antisocialità e ribellione. Ha militato in numerosi gruppi, tra i degni di nota ANTiSEEN e The Murder Junkies, ma non è ricordato per nessuno di essi in particolare.

Il punto forte di GG Allin erano le sue performances dal vivo, spettacoli osceni e violenti che spesso non duravano più del tempo necessario al gestore del locale per staccare la corrente.
Le apparizioni di Allin contenevano esibizionismo, autolesionismo, rapporti sessuali e coprofagia. Il cantante era solito percuotersi la testa con bottiglie vuote o col microfono fino a farsi sanguinare, aggredire il pubblico e rispondere a provocazioni che degeneravano quasi sempre in risse.
Era sua consuetudine prendere lassativi prima dei concerti in modo da defecare sul palco e cospargersi con i propri escrementi, oppure gettarli sul pubblico. Orinava sul palco, sulla propria band e sugli spettatori.
Ciononostante le groupies erano avvezze a praticare sesso orale sul palcoscenico con GG, il quale ha affermato di averlo eseguito anche con suo fratello Merle Allin (bassista dei Murder Junkies), in un concerto del 1991 in New Jersey.
Questo video riassume bene quanto di pubblicabile si possa rintracciare sulla descritta brutalità:

Arrestato oltre una cinquantina di volte, GG Allin aveva promesso di suicidarsi sul palco (il primo annuncio del 1989 riguardava la successiva notte di Halloween, venne quindi ribadito due anni dopo nel Manifesto scritto in carcere):

But now it’s 1991. This is the decade for the final bloody mutilation. Time to get Rock ‘N’ Roll out of the hands of the masses and back to the people who will not accept comfort or conformity at any cost. Then I will commit suicide on stage and the blood of Rock ‘N’ Roll will become the poison of the Universe forever.

GG Allin Manifesto

Le cose però andarono diversamente. Prima di raccontarle, facciamo un passo indietro.

Il nome di battesimo imposto dal padre, un uomo profondamente religioso e antisociale, era nientemeno che Jesus Christ Allin (la cui storpiatura infantile in “Je-Je” ad opera del fratello gli procurò l’eterno soprannome), ispirato direttamente dal Messia che sarebbe apparso in visione al genitore. Dopo il divorzio della madre, pochi anni più tardi, il nome venne cambiato, ma le sue origini sembrano aver lasciato tracce profonde nello sviluppo futuro della propria concezione individualista e anti-autoritaria:

First let me tell you who I am. I was born Jesus Christ Allin in 1956 in Lancaster, NH. The Jesus Christ they preach about in the Bible is a phony imposter – just a crutch for the cripples to lean on. Fuck that weak shit! I am the man to deal with. I created myself inside the womb from the fires of Hell. There are no separations between Jesus Christ, God and the Devil, because I am all of theme. I am here to take Rock ‘N’ Roll back & prove to the world that I am the real king through the powers I have acquired.

GG Allin Manifesto

Kevin Michael Allin cresceva con la fama di ragazzino difficile, sperimentando sulla propria pelle bullismo e problemi scolastici. Trovò rifugio nella musica degli Stooges e nella batteria; col fratello inizia a suonare nel suo primo gruppo, i Jabbers.
I testi, come nel corso di tutta la sua carriera, sono caratterizzati da tematiche crude e feroci, odio per la gente e per le forze dell’ordine, oscenità e violenta xenophobia. Ecco alcuni titoli, per rendere l’idea: “I hate people”, “I live to be hated”, “I wanna rape you”, “Rape torture”, “Kill the police”, “Sister sodomy”, “Eat my shit”, “Sleeping in my piss”, “Die when you die”, “I kill everything I fuck”.

Parola chiave della sua poetica nichilista è, a mio parere, “scum, un termine (difficilmente) traducibile con “impurità, sporcizia, feccia”. Di per sé non è una parolaccia, ma il suo uso offensivo ha dei risvolti gravemente profondi: indica il peggio della nullità. Oltre al titolo delle canzoni “Bite it you scum” e “Outlaw scumfuc”, il neologismo Scumfuc, preso da un tatuaggio di GG Allin, è diventato infatti il termine per definire un tipo di punk-rock volgarmente brutale.

Nel 1989 è imprigionato per un anno e mezzo per le sevizie ad una groupie durante un’orgia sadomasochista con più di cinquanta persone. Durante la perizia psichiatrica si presenta come “cortese e cooperativo”, vengono riscontrati disturbi di personalità bipolare, masochismo e narcisismo, ma in sostanza non viene dichiarato psicopatico, né incosciente delle proprie azioni: “An analysis does not support the presence of active psychotic process or organic deficit. He is not suicidal or homicidal. He is very comfortable with his chosen life-style and does not view his behaviour as helpful to others”.

Ogni volta che lo rimettevano in libertà Allin si ripresentava sulle scene più violento, brutale e sprezzante di prima: era come se l’ostilità della società gli desse la carica per aumentare ulteriormente quell’ostilità.

Allin era davvero l’animale che diceva di essere. Non lo era soltanto sul palco, lo era nella vita quotidiana. Tutto ciò di cui parlavano le sue canzoni era autobiografico. Infiniti aneddoti raccontano storie ben più turpi di quelle descritte dalle sue canzoni (come quando dovette essere ricoverato d’urgenza perchè aveva la gola intasata di sperma, o quando violentò e poi mangiò la carcassa di un animale). Odiava davvero tutti, compreso se stesso. Ne aveva tutte le ragioni.

Piero Scaruffi

 

Il documentario “Hated: GG Allin & The Murder Junkies”, uscito nel 1994, ripercorre le tappe della carriera di GG. Episodi salienti della sua esistenza e diverse interviste evidenziano la carismatica ostinazione del suo stile di vita e il ripudio di ogni forma di autorità.

In una scena iniziale, GG è accettato ufficialmente per una solo-performance all’università di New York. Nudo, di fronte a una nutrita sala di studenti, si infila una banana nel retto (“Are you hungry?”), prima di insultare quelli che cominciano a lasciare l’aula. Preoccupati, gli studenti approfittano di un secondo di distrazione di GG per abbandonare in massa, provocando la sua irascibilità che viene immediatamente sedata grazie all’intervento della sicurezza.

Un fan apparentemente tranquillo, occhiali e camicia grunge, dice di essere probabilmente rappresentativo del pubblico di Allin. Spiega che il timore dei suoi comportamenti fa parte dell’attrazione del “freak show”, purchè non sia lui a piazzarsi in prima fila.
Riconosce in GG la stoffa di un leader: molti tra il pubblico, “like me, filled with a load of shit”, vorrebbero fare la stessa cosa ma non ne hanno il coraggio, per quello vanno ai suoi concerti. Lui sublima quello che gli altri non hanno le palle di fare, se ne occupa per loro.

Chicken John, ex-chitarrista dei Murder Junkies, lo descrive invece come un fallito incapace di comprendere le persone, e si prende istericamente a pugni in faccia davanti alla telecamera, provocando: “Vedi GG, non fa poi così male”.

Alcun amici del liceo, veri e propri rednecks del Vermont, ci ricordano infine che siamo nel paese a stelle e strisce. Gli viene chiesto infatti a quale arma si potrebbe paragonare GG. Il primo risponde una 45, pesante e rumorosa, il secondo preferisce il confronto con delle uzi (“fast and furious, ultimate”), mentre il terzo una 300 magnum: “- Three hundred magnum? – Yeah”. Si capiscono al volo, senza bisogno di ulteriori spiegazioni.

Veniamo quindi all’ultimo atto, lo show più bestiale della carriera di GG Allin a detta del regista del documentario, Todd Phillips.
Il 27 giugno 1993 Allin e la sua band si esibivano al The Gas Station di Manhattan, un piccolo locale ricavato da un’ex pompa di benzina. Il concerto vero e proprio fu sospeso già fin dalla seconda canzone, quando la corrente venne staccata e un Allin più cattivo che mai iniziò a picchiare selvaggiamente alcune persone tra il pubblico.

Avendo probabilmente già assunto eroina ed alcool prima dell’inizio, GG decise quindi di continuare la festa a casa dell’amico John “Puke” Handley. Un lungo filmato documenta lo spostamento di Allin per le strade di New York, seguito da un drappello di gente marcia che sbraita e prende a calci l’immondizia per la strada, tra poliziotti e tassisti impauriti.

Durante la notte GG morì di overdose, diverse persone non se ne resero conto e continuano a farsi fotografare al suo fianco. Il mattino seguente, il corpo senza vita venne ritrovato dal padrone di casa, che avvertì il 911 e il fratello Merle. Su richiesta di quest’ultimo, il cadavere non fu lavato e il funerale si trasformò nuovamente in un lungo party notturno, con ogni sorta di schifoso punkabbestia in fila per ritrarsi un’ultima volta col proprio idolo.
La registrazione di “The suicide session”, ad opera del gruppo, e una bottiglia di Jim Bean trovano posto nella bara accanto al cadavere di Allin, ancora sporco di sangue e merda:

Sono rimasto singolarmente colpito da questa figura. Raramente mi è capitato di vedere tanta antisocialità e tanta autodistruzione condensate in una sola persona. Sicuramente non è stato il fascino dell’emulazione a spingermi a raccontare questa storia, e non certo per giudizio morale.

Quello che più mi è rimasto impresso della vicenda è la fredda coscienza del fondo che si può toccare. Potrei parlare del pericolo dell’involuzione in se stessi e dell’alienazione, ma in questo caso non servirebbero. Qui infatti siamo in presenza di qualcuno che si sente pienamente a proprio agio con se stesso, e che sbatte in faccia la propria natura in maniera del tutto onesta e genuina. Forse mi spingo troppo in là, ma penso che si possa condannare qualcuno per quello che fa, non per quello che è. In questo caso, non rimane che farsi travolgere dalla schietta verità dei fatti: GG Allin ha scelto di vivere in un modo che sarebbe insostenibile per la maggior parte di noi, e la sua vita non può mentire. La si può soltanto accettare.

Ringraziamenti:

Vorrei ringraziare sentitamente Michele Barbaro per lo spazio concessomi in questa rubrica.

Fonti biografiche:

http://en.wikipedia.org/wiki/GG_Allin

http://allmusic.com/artist/gg-allin-p51370/biography

http://www.findadeath.com/Deceased/a/GG%20ALLIN/g.htm

http://www.scaruffi.com/vol4/ggallin.html

Il verbale della perizia psichiatrica:

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/3/31/GG_Clinical_Transcript.pdf

The GG Allin Manifesto:

http://adam.shand.net/library/the_gg_allin_manifesto/

Il film-documentario Hated, in versione integrale:

http://www.youtube.com/watch?v=Q9AvIpoV0ps

Intervista al regista del documentario Todd Phillips:

http://www.youtube.com/watch?v=9In4SB8DxE0



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3 risposte a SVENTURATA LA TERRA CHE HA BISOGNO DI EROI: Un ritratto di GG Allin: “Live fast. Die.”

  1. emmapretti ha detto:

    Mi pare abbia soltanto sviluppato, vivendo il rapporto col padre, il contraltare demoniaco e abnorme che spesso accompagna educazioni religiose estreme. In aggiunta può anche darsi che un certo numero di cromosomi distorti abbiano dato una mano.

  2. andrea ha detto:

    Non conoscevo e questo scritto è davvero molto bello.

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